Il Milan di Cardinale sta vivendo un momento particolare della stagione, in cui arrivano tante accuse alla società. Una delle ultime è stata molto pesante
La stagione sta entrando nel vivo e le risposte su come sia andato il calciomercato estivo ora sono decisamente più tangibili. Il Milan ha cambiato tanto, ha perso una pedina fondamentale come Tonali, ma ha anche acquistato tanti calciatori più o meno giovani che hanno completato numericamente e qualitativamente la rosa, almeno nelle speranze della dirigenza.
Inizialmente i tanti volti nuovi hanno portato un vento positivo e un entusiasmo che non si vedeva da tempo, in scia con i risultati positivi. Con il tempo, però, hanno iniziato a prevalere infortuni, errori individuali e un po’ di mentalità vincente in meno che hanno inciso non poco sull’ambiente e sulla reale percezione della forza del Milan. Molti tifosi si sentono privati del senso di appartenenza più profondo del Diavolo, banalmente quello che incarnava Paolo Maldini e la parte più italiana della squadra, insieme ai senatori tecnici come Leao o Giroud.
Alcune di queste parti adesso non ci sono più e c’è anche chi continua a rimpiangerle. Per questo, anche nel momento più difficile sul campo, in molti non hanno fatto altro che puntare il dito contro la proprietà e Gerry Cardinale, proprio colui che ha scelto di andare avanti senza Maldini.
Il Milan esce dalla crisi, ma le accuse rimangono
Dell’operato della società e del lavoro di Stefano Pioli, ne ha parlato Fabio Ravezzani, direttore di Telelombardia, ai microfoni di ‘Tvplay.it’: “La mia idea è che gli americani vengono in Italia e guardano i conti, non ragionando col cuore“, ha subito precisato facendo capire da che parte si stava schierando.
Nel corso del suo intervento ha citato espressamente il paragone non Maldini, uno che ci metteva quel cuore, quel senso di appartenenza, l’identificazione con i colori e la storia del club che la proprietà non ha. Per il giornalista, gli americani vogliono guadagnare e noi siamo abituati a modelli come Berlusconi, Moratti o Agnelli molto più passionali e in linea con i valori dei tifosi. E poi conclude: “Maldini non è entrato in sintonia con la proprietà, non ha capito la loro mentalità e alla fine è stato espulso”. Prima il business e poi il cuore, ma siamo sicuri che funzioni con la nostra Serie A? Tra qualche anno magari avremo una risposta definitiva anche a questo quesito.