Paolo Maldini vuota il sacco e svela la sua verità sull’addio al Milan: l’ex capitano rossonero rivela un’incredibile bugia della società.
Paolo Maldini è un fiume in piena. Tempismo perfetto per l’ex capitano e direttore dell’area tecnica rossonera. Nel momento peggiore per la storia recente del Milan, con l’eliminazione ai gironi di Champions ormai a un passo e una panchina, quella di Pioli, che scricchiola terribilmente, Maldini ha deciso di vuotare il sacco e raccontare la sua verità su un divorzio che ancora oggi lascia molti dubbi nei tifosi milanisti.
In una lunga intervista ai microfoni della Repubblica, l’ex dirigente rossonero ha parlato apertamente del suo addio al Milan, di come si è arrivati a quel fatidico divorzio e di quante ombre ci siano state dietro una gestione societaria, da parte del presidente Gerry Cardinale, mai come in questo momento opaca.
Confermando alcune verità piuttosto evidenti fin da quel fatidico 5 giugno, come i cattivi rapporti tra lui e una parte della dirigenza milanista, l’ex capitano ha voluto chiarire che gli obiettivi richiesti dalla società li ha sempre centrati e che, dopo essersi fidato, ha ricevuto in cambio un trattamento irrispettoso fatto anche di gravi bugie.
I motivi di scontro tra Maldini e buona parte della società milanista erano diversi, e non riguardavano certo solo il flop dell’acquisto di De Ketelaere, come da più parti raccontato. Certo, la gestione del suo ultimo mercato non è stata serena e felice, ma i problemi nascevano da una mancanza di fiducia reale ben più profonda.
Non a caso, il licenziamento suo e di Massara fu giustificato, da Cardinale, con i rapporti non idilliaci che intercorrevano tra loro e l’amministratore delegato Furlani. Lo stesso dirigente che, secondo Maldini, gli aveva comunicato per l’estate 2023 un budget molto basso sul mercato, salvo poi raddoppiarlo subito dopo la sua partenza.
I rossoneri sono così passati dal mercato fatto da uomini di campo al mercato degli algoritmi, con risultati altalenanti. Anche perché, come affermato dallo stesso ex dirigente, per scovare talenti come Loftus-Cheek, Chukwueze e Pulisic, già conosciuti in tutta Europa, non serviva certo un software.
Ma i punti di scontro, al di là del mercato, riguardavano anche altri aspetti molto a cuore ai vertici del club. Ad esempio, lo stadio. Mentre Maldini desiderava un impianto più grande, considerando la passione con cui i tifosi hanno sempre riempito San Siro, i vertici puntano su un impianto da 55-60 mila posti, quasi tutti corporate (destinati a un pubblico ‘vip’, e quindi molto cari).
Mettere la faccia su un progetto del genere avrebbe significato per l’ex capitano tradire tutti i suoi ideali e il suo amore non solo per il Milan, ma per Milano come metropoli trainante per l’Europa intera. Un aspetto che evidentemente, a chi oggi è rimasto in società, interessa molto meno rispetto al puro e semplice business.